Nel corso degli anni ’90 fu messo a punto un test biochimico in vitro per la determinazione della capacità di una data sostanza di inibire la formazione di radicali perossilici.
I radicali perossilici non sono altro che il nome chimico dei famigerati “radicali liberi”, ben noti alla gran parte di noi come le molecole “cattive” che sono ritenute responsabili dei processi di degradazione ed invecchiamento cellulare e che possono poi essere alla base di tutte le degenerazioni del nostro organismo, dalle rughe della pelle, all’insorgenza di vari scompensi e malattie, fino a poter essere lo starter per l’insorgenza dei tumori.
Il test ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity; Capacità di Assorbimento di Radicali Ossigeno) ha avuto una grande rinomanza in quanto si è potuta stilare una “classifica” delle sostanze e soprattutto degli alimenti con maggiore punteggio, volendo indicare così che più un prodotto avesse avuto un valore ORAC elevato, tanto maggiore sarebbe stata la sua valenza antiossidante per l’organismo e quindi maggiore la sua azione protettiva dai radicali liberi.
E’ quindi partita una vera e propria competizione tecnico-commerciale per divulgare di volta in volta l’alimento “leader” della lista ORAC, spesso senza molti scrupoli ed evidenze scientifiche credibili.
Di fronte a tale confusione il maggiore Ente governativo americano, lo USDA (Dipartimento USA per l’Agricoltura), emanazione della potente FDA (Amministrazione USA per Alimenti e Droghe) cominciò a stilare una propria lista dei principali alimenti del consumatore americano, in cui sono stati tabellati migliaia di alimenti tal quali o preparati, in modo da indicare ufficialmente ai consumatori la valenza antiossidante di ciò che usualmente potevano mangiare.
Il test ORAC è quindi divenuto il riferimento internazionalmente riconosciuto per attribuire ad un alimento una importante valenza salutistica: la sua capacità o meno di inibire i radicali liberi e quindi di proteggerci o meno dai loro effetti.
A metà del 2012 improvvisamente però la tabella ORAC degli alimenti è scomparsa del sito USDA, accompagnata da un testo che ne giustifica così le motivazioni:
– per l’aumentare delle evidenze scientifiche che i valori che indicano la capacità antiossidante di un alimento (ORAC) non hanno effettiva corrispondenza con gli effetti di specifici composti bioattivi sull’organismo umano.
Cosa significa?
Che è ormai accertato che il valore ORAC di un alimento NON corrisponde all’effettiva azione che esso svolge una volta ingerito ed assimilato dall’organismo dell’uomo.
Il limite principale del test ORAC è che esso è un test in provetta, svolto attraverso una serie di reazioni chimiche e per mezzo di reagenti che non hanno nulla a che fare con la reale attività biochimica che si svolge all’interno del nostro organismo.
Pertanto alcune reazioni che possono avvenire in provetta ed avere un certo effetto verso i radicali liberi, una volta che lo stesso alimento viene ingerito dalla persona e le stesse sostanze si trovano nel nostro corpo, gli effetti finali reali possono essere molto diversi.
In particolare ciò è risultato vero per i cibi ricchi di Polifenoli che al test ORAC risultano avere valori molto elevati mentre in vivo, cioè nel nostro organismo, non hanno una effettiva capacità di bloccare i radicali liberi. Però i Polifenoli sono utilissimi alla nostra salute e ciò non mette assolutamente in discussione la loro reale valenza nutrizionale; dimostra semmai che i reali benefici dei Polifenoli NON sono dovuti alla loro capacità di bloccare i radicali liberi ma ad un meccanismo ancora poco conosciuto e che l’azione benefica di un composto naturale si esplica attraverso vie in realtà molto diverse e ben più complesse di un test in provetta.
Quindi i Polifenoli hanno elevato valore ORAC in vitro, non hanno effettiva azione di blocco dei radicali liberi nell’organismo umano ma sono utilissimi per la salute in moltissime applicazioni: una completa contraddizione in termini!
Perciò il beneficio di assumere un alimento o un altro non è solo nella sua capacità di inibire i radicali liberi ma quella, ben più complessa, di generare con la globalità del suo contenuto di nutrienti delle benefiche induzioni sul nostro equilibrio biochimico e quindi della nostra salute.
Per un alimento naturale, in particolar modo vegetale, è così fondamentale poter utilizzare il suo fitocomplesso nativo, l’insieme cioè delle decine di sostanze che sono presenti naturalmente nel suo organismo vivente, perché solo quel mix equilibrato e naturale di componenti biologici potrà attivare al meglio un altro sistema biologico: il nostro organismo.
Ecco perché è così importante assumere il più possibile cibi nativi, cioè manipolati e raffinati il meno possibile e in assenza di conservanti, coloranti, zuccheri aggiunti, edulcoranti, ecc.
Il testo dell’ USDA si conclude con queste considerazioni:
– I dati della capacità antiossidante dei cibi ottenuti da test in vitro (provetta) NON possono essere estrapolati per gli effetti sull’organismo umano (…) Sappiamo ora che le molecole antiossidanti degli alimenti possiedono una vasta gamma di funzioni, molte delle quali NON sono correlate alla capacità di bloccare i radicali liberi.
Ancora una volta la tendenza dell’uomo a semplificare e standardizzare i funzionamenti della natura ha mostrato il suo limite, volendo per forza estrapolare delle conclusioni assolute da una realtà complessa.
Affidiamoci ad una dieta equilibrata e variata, con cibi naturali e poco manipolati abbinati ad una attività fisica moderata e costante, senza troppa attenzione alle classifiche!
Dott. Stefano Censani
Biologo e Naturopata
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